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un mondo senza racconto

November 9th, 2011 — 6:47pm

Gianmaria Nerli | blog

Tra le tante crisi di legittimazione che stiamo ereditando dal XX secolo, e da quelli che lo hanno immediatamente preceduto, spicca assolutamente l’estrema fragilità del raccontare che connota le varie culture oggi radunate nella nebulosa della civiltà occidentale. Una fragilità che coinvolge il racconto del presente, con la diffusa inadeguatezza a comprendere categorizzare o anche solo leggere le realtà in movimento, e che diviene inconsistenza se si tratta di immaginare il futuro, immediato o lontano che sia. Nessuno sembra davvero saper o voler raccontare: tanto le proiezioni o le profezie del futuro che i discorsi sul presente si piegano immancabilmente sotto il peso della propria imprecisione, prevedibilità, limitatezza d’orizzonti e d’esperienza. E anche chi prova a raccontare, prima ancora di raccontare, è costretto a dedicare i suoi sforzi a convocare il suo pubblico, a creare una sua comunità privata di target-fruitori, tanto da esaurire in questo sforzo le sue energie di immaginazione e in definitiva le sue ambizioni di racconto. Così che anche la relazione fondativa di ogni racconto, qualcuno che dice e qualcuno che ascolta, ci appare di fatto svuotata. Le cose in generale, i fatti e gli oggetti che ci circondano, sembrano non aver bisogno di essere detti, né di essere ascoltati; semplicemente sono, o stanno; in una sorta di super-ontologia che si innesta sul forte tronco dello sport intellettuale oggi inevitabilmente di moda, la pratica indistinta e impudica della tautologia.

La prima domanda che dovrebbe preoccuparci è dunque: viviamo davvero in un mondo che non ha bisogno di essere raccontato? Che non ha bisogno cioè di nessuna legittimazione? Che non necessità nessuna proiezione nel futuro? Che già racchiude presente e futuro in ogni suo istante, annullando così anche l’immagine del tempo? Viviamo davvero in un mondo che si pensa completamente risolto nella evidenza tautologica che sprigionano gli oggetti e le immagini che esso stesso produce e riproduce? Il nostro insomma è un mondo senza racconto, come prima era senza redenzione?

Il grado di creatività cosmogonica, intesa nel senso più ampio possibile, e la sua capacità di precisione e penetrazione nel cuore delle strutture simboliche del mondo presente, dà giustamente la misura della vitalità, o meglio delle prospettive di vita, di una civiltà, di un sistema di culture, di un modello di sviluppo. Certo, non c’è bisogno di scomodare il racconto per intuire che il modello di sviluppo che domina il globo, il capitalismo multinazionale in piena e continua espansione, non offre molte prospettive di vita e di vitalità a nessuno degli attori che coinvolge, dagli uomini, all’uomo, dalla natura alla integrità biologica. La crisi del raccontare, l’amputazione delle capacità cosmogoniche, però, qualcosa in più di quello che già sappiamo ci dice: ci dice innanzitutto di quanto in profondo è penetrato l’apparato ideologico e simbolico che si è venuto organizzando intorno al nostro sistema di sviluppo, ci dice di quanto sia esteso il suo dominio sulle possibilità d’espressione, ci dice che le tante intelligenze che il mondo ospita fanno fatica a immaginare un mondo diverso dal grande sistema di cose oggetti merci che ci contorna. Ma soprattutto ci dice che queste stesse cose oggetti merci occupano ormai ogni spazio non solo fisico ma anche simbolico, creativo, immaginario: da qui forse il grande senso di effimera libertà che genera il rifugiarsi nella virtualità tautologica e simulata della rete quando capita l’ondata giusta della moda. D’altronde quale spazio fisico e simbolico ci può essere per il racconto se tra pochi anni, qualora nessuno fermi le grandi multinazionali del biotech, anche la natura intesa come processo biologico e identità genetica avrà dei proprietari, sarà merce in senso letterale, se le sementi si dovranno comprare una per una da chi le crea, le produce e le brevetta, se per la prima volta la natura avrà un creatore, per la prima volta sì con nome cognome e indirtizo?

Eppure presunzione più grande non potrebbe esistere di smettere di cercare ovunque un racconto nuovo, una rifondata capacità di cosmogoniare, di immaginare mondi. in pensiero ci ha provato e ci prova ancora, cercando di capire cosa si muove tra i discorsi attuali della scienza o degli scienziati, tra i discorsi dell’arte e della letteratura, della filosofia del cinema, tra le forme o i movimenti del pensiero che vanno emergendo. Un numero della rivista è appena uscito, un secondo uscirà a giugno dedicato proprio a questa ricerca. Ciò che abbiamo pubblicato (e ciò che pubblicheremo) avrà la forza di parlare da sé, per questo ci soffermeremo soprattutto sul dato d’insieme che ci sembra sia emerso, e cioè che più che un’attitudine cosmogonica, i diversi interventi danno vita a una diffusa sensibilità cosmoagonica, se si può dirla con un gioco di parole. Se la domanda in copertina nel 4° numero della rivista proponeva una disgiuntiva tra cosmogonie e cosmoagonie, va detto che il secondo termine ha sicuramente trovato più sintonia e risposte. Certo, i contributi anche molto diversi che abbiamo pubblicato, come è ovvio, sono risposte singolari di singole intelligenze, e il loro discorso non nasconde la loro inevitabile parzialità; sono risposte in ogni caso a una domanda che rimane sospesa, e ovviamente irrisolta. Come resta irrisolta ogni volta che ognuno di noi si imbatte in un grande racconto o in una grande narrazione: perché certo non mancano gli intellettuali, gli artisti, gli scrittori che di tanto in tanto cercano e trovano la via del racconto. Questi artisti scrittori intellettuali appunto parlano da sé, e qualche volta una rivista come in pensiero può avere la fortuna di intercettarli.

Questo blog può essere utile invece per cercare di capire quali sono le prospettive cosmogoniche delle grandi produzioni di espressione e di pensiero del nostro presente. A partire dalla scienza per finire con l’arte. A partire dalla scienza perché, almeno dalla modernità, la scienza è stato uno dei motori del racconto, anche se adesso appare imprigionata fino al parossismo dalla stessa ideologia positiva che in altre epoche le ha fatto da propulsore, e che ora la condanna a essere comparsa, o se va bene strumento, di un vasto sistema produttivo. E chissà se, al di là della frequente malafede, non sia proprio questa crisi di racconto che ridimensiona anche la scienza, spingendola sul terreno deterministico dello scientismo, della pura operatività, della deificazione di tecnica e tecnologia, dell’illimitata fede nella semplificazione più assoluta dei sistemi complessi che governano l’uomo e la natura. E chissà che non sia sempre lo sfaldarsi del racconto che ha permesso il fiorire di numerosissimi discorsi di tipo millenaristico, discorsi che vanno dalla imminente distruzione del mondo (attenti al 2012!), all’avvento di un nuovo tipo di umanità, il nuovo uomo transumano o postumano (con meno capelli ma più dita, già abilitato alle interfaccia della nuova era digitale). Sì, perché scientismo e millenarismo condividono la stessa matrice, condividono una cieca fiducia nel destino dei loro propri discorsi, più che nel percorso del proprio racconto; perché di fatto abbandonano il racconto, diffidano delle sue potenzialità di apertura, di condivisione, di costruzione simbolica, e quindi continuamente transitoria, dei contenuti e dei significati sociali. Così in questa mainstream scientista-millenarista non è improbabile, e non è senza significato, vedere intrecciarsi serie ricerche sulle neuroscienze e improbabili fantasie cibernetiche.

Ecco, questo blog vuole essere uno stimolo per censire e distinguere ciò che è racconto, da ciò che il risultato del suo collasso. Ciò che è ricerca seria dai deliri di chi si fa convincere dal proprio discorso. E certo questo proposito vale anche per l’espressione dei linguaggi artistici e del discorso intellettuale. Sì, perché nonostante il mainstream, la speranza non può che essere quella di poter aiutare chi racconta a emergere. Anche se non sembra compito facile. Basta pensare alle arti figurative, confinate in un vero e proprio dispositivo che ormai oltre al nome prende anche la solida autosufficienza di un vero e proprio sistema, il sistema dell’arte: l’assenza di racconto, come dire, è ormai conclamata, dal momento che la quasi totalità delle espressioni artistiche risponde unicamente a un assoluto e dogmatico principio di autoreferenzialità. Autoreferenzialità che si esprime o attraverso la velata e voluta demenza della ripetizione tautologica di pezzi di realtà che ci accompagnano nell’esperienza quotidiana, o innalzando automaticamente a racconto e significato l’utilizzo-esposizione di qualunque congegno-dispositivo di interazione che usi nuove tecnologie. Oppure spingendosi fumosamente a ridefinire i confini, addirittura ontologici, delle nuove forme di vita virtuale, o anche solo prosaicamente confezionando prodotti di varia medialità che sappiano affermarsi e vendersi per opere d’arte.

Certo meglio non se la passa la letteratura; e ci limitiamo a ascoltare le lamentele dei poeti circa la crescente irrilevanza sociale della poesia, o le invettive dei critici circa la crisi prolungata del romanzo, ormai frastagliatosi in mille discorsi monologanti e in mille generi di mercato. Quando si parla in positivo. Perché, se ci si dovesse preoccupare dei cattivi romanzi bisognerebbe dire dell’isteria narcisistica di voci talmente inconsistenti da evaporare da ogni pagina sfogliata – di cui le lettere italiane vantano il primato –, oppure delle grandi operazioni di marketing letterario che ormai mirano anche a costruire le carriere degli intellettuali. Che dire poi delle arti che necessitano di un processo di produzione più complesso, come la musica, il cinema, il teatro? Se non che a governare tutto sono esclusivamente, e va sottolineato esclusivamente, l’industria e i suoi fini produttivi, e/o riproduttivi? Dove l’ansia di raccontare non può frastagliarsi nel narcisismo assoluto per ovvie ragioni industriali, ma che si vota alla volatilità dello spettacolo e dell’intrattenimento, senza altra ambizione di quella di aver confezionato un prodotto in grado di avere immediato successo di pubblico. E dove le produzioni indipendenti sono indipendenti solo fino a quando non riescono a farsi comprare da qualche major, senza importare che sia della vecchia o della nuova veloce economia digitale.

Certo questi sono discorsi astratti, ma appunto un blog così, che può essere anche un luogo collettivo, vuol essere uno stimolo e allo tesso tempo uno spazio concreto dove censire, descrivere, appunto raccontare, i confini del nostro mondo senza racconto, i confini delle nostre sempre più piccole cosmotropie…(o viceversa per aprire gli occhi e rendersi conto che accade proprio il contrario, che il nostro mondo pullula di racconti ma noi non li vediamo).

Anche perché un mondo senza racconto, un mondo che non è in grado di configurare e configurarsi le proprie proiezioni cosmogoniche è un mondo che all’apparenza mostra di non aver bisogno di essere raccontato, un mondo risolto, definito una volta per tutte; e un mondo che non ha bisogno di essere raccontato è il mondo più totalitario che si possa immaginare, un mondo anzi che non si può immaginare perché è tutto lì, dispiegato nelle cose e negli oggetti che produce. Un mondo, questo è il timore, tanto simile al nostro da troncarci letteralmente il racconto in gola.

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In Pensiero | Home

March 6th, 2011 — 2:50am

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da in pensiero 10

Paradossi della libertà


Paradosso contemporaneo della libertà, secondo il modo di vita occidentale: le persone sentono di godere e godono indubitabilmente di una sempre più ampia libertà individuale; sono sempre meno vincolate verso codici etici e regolativi, schemi di comportamento, impostazioni morali o simboliche stringenti, verso obblighi formali/sostanziali nei confronti delle istituzioni; sentono di non dovere più rispondere, come accadeva un tempo, a autorità centrali e sovrane. Si sentono sempre più libere di scegliere a favore del proprio benessere privato, dall’orientamento sessuale alla responsabilità verso l’altro, dai legami affettivi alla affermazione delle proprie passioni. Un mondo liquido, senza legami, senza riferimenti, o senza costrizioni, un mondo “liberato” per l’individuo. Eppure il mondo “liberato” per l’individuo è allo stesso tempo anche un mondo “liberato” dal soggetto, il quale è assorbito quasi completamente dalla condizione di individuo, che a sua volta si identifica sempre più con il proprio involucro, o esoscheletro, di relazioni e prestazioni sociali. Tanto che qualsiasi persona sana di mente si sente sempre più costretta e imprigionata nella mole quotidiana delle richieste sociali: dover essere sempre efficiente e produttivo in ogni momento e ambito della vita (dalla percezione di sé come persona che si afferma, alla conquista di uno status anche lavorativo, dalle performance affettive o sessuali, alla cura di sé); rispondere al dovere di essere in comunicazione in tempo reale (mail telefonate social ecc.); rispondere all’obbligo del godimento perpetuo, in nome di una vita costantemente piena di sensazioni e dove si intensificano le esperienze del mondo (una vita non basta a conoscere il mondo, bisogna viverne varie, accelerare tutti i tempi); rispondere all’obbligo di una costante valutazione del proprio passaggio nel mondo, a costo di non rimanere indietro nel computo economico che a ognuno viene richiesto di fare su se stesso; mettere tutto a valore, doversi sentire in perpetua crescita, e quindi espandere sempre i propri territori o domini; sentirsi obbligati a rispondere alle ingiunzioni della burocrazia ipertrofizzata o della tecnologia (che gareggiano l’una con l’altra). Sentirsi in definitiva sempre più risucchiati dal principio della competitività (essere sempre sul mercato, come persone e come individui) e costretti all’interno di un meccanismo (la ruota del criceto) che richiede prestazioni a ciclo continuo in favore della libertà di scelta personale, ma a discapito tanto della condivisione collettiva, e quindi della partecipazione politica, quanto della possibilità di esistere come soggetto portatore di desiderio. Da qui la domanda:
Questa libertà rende liberi? Questa libertà rende felici?
Continua a leggere


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da in pensiero 10

Cul de Sac. Se saremo dinosauri


Fa una grande differenza sentirsi a disagio nel mondo di oggi rispetto anche solo a una trentina di anni fa: gli sfortunati che un tempo erano o si sentivano emarginati dalla propria stessa vita, o che quella vita non accettavano, potevano comodamente riconoscersi nella metafora ittica del pesce fuor d’acqua. Hai voglia a nuotare nel grande acquario del mondo, per un verso o per l’altro da quel mondo si sarebbero sentiti e forse sarebbero effettivamente stati fuori. Incapaci di aderire alla vita che gli si apparecchiava davanti. Appunto, pesci fuor d’acqua. Oggi però quella situazione è saltata: è semplicemente impossibile cullarsi nell’illusione di stare fuori dall’acqua. L’acquario si è enormemente ingrandito e nel bene o nel male essere o sentirsi fuori dall’acqua è un’esperienza lontana dai nostri orizzonti cognitivi e forse anche emotivi. La novità è che la nostra percezione del mondo tende a equivalere all’acquario in cui nuotiamo. Che si cammini a piè sospinto per strade luminose o che si boccheggi a ogni passo difficilmente ci sentiremo fuori dall’acqua. E se proprio non si vuole rinunciare alla metafora ittica, va detto che oggi non si può far altro che essere pesci eternamente sott’acqua. Perché? Continua a leggere


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dal DVD in pensiero 9 / l’assolo_doc

La classe docente va in paradiso

Valentina Giordano

classe docente 2

Realizzato nel 2009 con la Civica scuola di Cinema di Milano, il documentario di Valentina Giordano affronta la complessa e delicata situazione della classe docente italiana, alle prese con forme di precarietà sempre più persistenti e una crisi di legittimazione che è allo stesso tempo sociale, politica, professionale. Una regia spigliata e fresca sa rendere a pieno il senso di disagio ma anche di dignità, di precarietà ma anche di passione che anima i giovani insegnanti protagonisti della narrazione. Continua (e guarda un estratto da la classe docente va in paradiso)


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da in pensiero 9

Graphic Poems

Bernardo Cinquetti / Vittorio Bustaffa

Il genere ambiguo e ibrido che incarnano i graphic poems, ovvero le poesie grafiche o fumetti poetici di Bernardo Cinquetti, testi e sceneggiatura, e Vittorio Bustaffa, illustrazioni, è già di per sé una riflessione sulle forme ambigue e ibride in cui si presenta il pensiero. In questi due graphic poems, Paysage passage e Paix, infatti le diverse temporalità e le incomparabili suggestioni di parole e immagini si rincorrono a vicenda senza sapere chi preceda e chi segua. Continua


La pace 3


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dal DVD in pensiero 9

Suonisudine

Geremia Vinattieri

La composizione musicale di Geremia Vinattieri racchiude nelle sue armonie il tempo e lo spazio di una città concreta e reale, come suggerisce anche il titolo. Nata in occasione di un call for artist promosso nella città di Udine, Suonisudine si serve realmente della città, tanto come strumento musicale quanto come cassa armonica: l’artista ne registra i suoni appunto facendo risuonare la città, pizzicandola, sfregandola, percuotendola, e allo stesso tempo usa piazze parchi logge strade case come set dove far risuonare oggetti sonori. Continua

Ascolta un estratto di Suonisudine. L’intera traccia all’interno del dvd diin pensiero 9

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da in pensiero 9

Il pianeta tossico. Sopravviveremo a noi stessi?

Giancarlo Sturloni

Siamo di passaggio.
Per quanto possiamo maltrattare il pianeta che ci ospita, ridurlo a una cloaca tossica, bombardarlo con radiazioni nucleari, trasformare il suolo in deserto e il mare in una laguna di plastica, saturare l’atmosfera di gas serra, lacerare lo strato di ozono, abbattere l’ultima foresta e sciogliere i ghiacci delle calotte polari, non appena ci toglieremo dai piedi la Terra si riprenderà. Continua

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da in pensiero 9

Nebulosas

Ernesto Morales

Osservando le pitture di Ernesto Morales si assiste a un fenomeno raro, il prender forma della materia stessa che crea le forme, cioè il pulviscolo di colore che crea le nuvole dipinte, la materia acquea che crea le nuvole vere, il vento di materia cosmica che crea le costellazioni, le nebulose. Ma le nebulose, o la loro versione terrestre le nuvole, di questi dipinti non sono solamente l’oggetto, dal momento che sembrano suggerire la loro stessa la cifra formale: la loro materia pittorica, infatti, sembra forzare il confine della propria permanenza, sembra forzare la tela perché non rappresenti una forma, ma l’impermanenza di tutte le forme. Continua


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da in pensiero 8

Cul de Sac. Sapere senza destino

Gianmaria Nerli

I più informati tra noi oggi dormono sonni tranquilli. Sanno bene che tutto è a portata di mano, tutto è lassù, immagazzinato tra le nuvole, pronto per essere colto al bisogno. È come camminare tra gli alberi di un frutteto, se hai fame alzi una mano e prendi la mela. I più informati tra noi sanno bene come raggiungere ogni frutto, se hanno bisogno di una mela la colgono al volo, se hanno bisogno di un mango, di un’arancia, di un maracuyá, di una nespola o di un grappo d’uva allungano una mano, e via, si nutrono a piacimento. Sanno bene che mai come adesso ogni loro appetito, dal futile capriccio al nutrimento di sostanza, avrà risposta in poco tempo, essendo tutti i frutti raccolti e catalogati una volta per tutte da qualche parte tra le nuvole delle reti globali. Ogni frutto che cercano è già dato, ogni sapere di cui hanno bisogno è già sistemato, ogni conoscenza definita e collocata da qualche parte dentro gli infiniti server che contengono tutte le informazioni del mondo (si sprecano ovviamente i gai annunci sui miliardi di dati che si accumulano ogni ora nel mondo, un’ora di oggi ci regala più informazione di un secolo di ieri). I più informati dormono sonni tranquilli, a sentir loro, ma forse gli altri no, si agitano nel sonno, ancora infestato da fantasmi in cerca di risposte che non arrivano mai. Continua a leggere

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dal DVD in pensiero 8 / l’assolo

Canzoni sussurrate lo fi

Canio Loguercio

Con le canzoni realmente sussurrate di Canio Loguercio non si fa a tempo a porgere l’orecchio che si sprofonda nel fluire frenetico e insieme lento di una voce che sembra in cammino da sempre, espressione familiare e perturbante insieme di un mondo ctonio fatto di mormorii, fremiti e appunto sussurri. E proprio la voce dà il senso dell’opera, potente calamita che attrae e racchiude tra le proprie vibrazioni non solo il mondo di amori tragici che fa da sfondo all’album, ma un intero universo da cui sprigionano relazioni umane, memorie, corpi sempre in balia di un destino che non li comprende e non li vede. Continua

Ascolta il brano Voccarossa. L’intero album all’interno del dvd diin pensiero 8

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da in pensiero 8

Bandiera rossa

Ugo Pierri

Ugo Pierri4

Gli acquarelli di Ugo Pierri hanno l’immediata forza visiva di un fantasma che appare all’improvviso, sbucato magari attraverso il muro della nostra quasi dimenticata storia recente. La bandiera rossa è allo stesso tempo l’oggetto carico di significati storici, simbolici, emotivi e il fantasma degli uomini e delle donne che per alcuni decenni quell’oggetto hanno issato al vento, o avviluppato intorno ai corpi. E proprio quei corpi, avvolti da una leggera aureola espressionista, coperti della patina deformante della storia, sono i protagonisti fantasmatici ma reali dei disegni. E di quei corpi le bandiere sventolano la passione, l’entusiasmo, la solidarietà, la fiducia, ma anche le malinconie, le solitudini, le sconfitte, gli errori, un turbine di speranze, illusioni e disillusioni capace di coinvolgere tre o quattro generazioni del secolo scorso. Continua

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da in pensiero 8

Madrigali con figure

Silvia Cassioli

Silvia Cassioli

Le poesie, i disegni, gli oggetti di Silvia Cassioli qui pubblicati fanno parte di un ampio progetto che trova sintesi in uno spettacolo scenico interpretato da Rosaria Lo Russo. I madrigali nascono propriamente come riscritture da autori rinascimentali e barocchi, da Tasso a Guarini da Gaspara Stampa a Michelangelo, riletti secondo un punto di vista che aggancia il genere ai tempi presenti, riesumando tra gioco e archeologia la poesia d’amore e aggiornandola alle nuove figure che ne compongono oggi la galassia. Lavoro nato come libro illustrato, qui l’immagine del cuore, che accompagna ossessivamente la rima baciata del madrigale, è allegoria di questa nuova e mutata sfera erotica, dove ogni passione, seppur con ironia, sembra messa in vendita. Continua

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da in pensiero 8

Cina città. Tempo e spazio nell’età globale

Francesco Terzago

Guanzhou è stato abbandonato agli inizi del duemila. Gli abitanti sono stati dispersi dal governo e ora la maggior parte di loro risiede nei villaggi vi- cini. Solo poche famiglie sono tornate a vivere a in ciò che resta di questo insediamento di dinastia Song, mi ha detto il pittore che mi sta accom- pagnando, un uomo alto quasi due metri, sulla soglia dei trentanni, ex campione di badminton. Hanno sfidato le autorità occupando un tempio e alcune vecchie case in riva a uno stagno. L’agricoltura che queste persone praticano è quella di sussistenza. Crescono papaie e banani nel mezzo dei ruderi o lungo i pendii delle colline che con il loro abbraccio verde cingono questa chiazza di tetti di pietra. Allevano qualche bestia, queste famiglie: oche, polli e piccoli maiali che, durante il fine-settimana, vendono alla gente di città. La gente di città capitata da queste parti cercando quella serenità d’animo che solo la natura, il verde, è capace di risvegliare. Continua

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da in pensiero 7

Cul de Sac. Blog di statistiche algoritmi cataloghi

Gianmaria Nerli

Che oggi si viva nell’era o nel regno del numero non è certo né un mistero né una novità. La nostra vita sociale vola sulle ali di un’ormai ubiqua interfaccia digitale, l’archiviazione di ogni tipo di dato o informazione è affidata quasi unicamente a tecnologie digitali, l’esperienza del mondo di molta parte della popolazione urbana, ormai in via d’estinzione anche l’ultima enclave analogica, la vecchia televisione via etere, è frastagliata e frazionata tra i flussi e le combinazioni di digitalissmi 01 01 01 01. Chi non ha in mente le immagini-totem – o già forse le immagini-archetipo? – del nuovo digital millennium, la cascata di numeri a formare pareti insuperabili di 01 01 01 01 che Matrix ha scolpito nella nostra psiche? Ma perché poi ci ostiniamo a chiamare questo mondo – che pure è stato prefigurato da almeno tre o quattro decenni di varia letteratura – digitale (dall’inglese digit, “cifra”)? Più onesta con i suoi parlanti in questo caso la lingua francese, che come spesso accade chiama cacio il cacio e pere le pere: in francese il nostro è un monde numérique. Continua a leggere

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da in pensiero 7

Cono d’ombra

Piero Mascetti

mascetti

I dipinti di Piero Mascetti già al primo sguardo promettono un viaggio, o meglio un’immersione, tra le diverse dimensioni del tempo che sottoponiamo alla forte centrifuga del nostro punto di vista contemporaneo. È come se spazio e tempo, quelli del presente, quelli del futuro, quelli del passato si fondessero in un’unica materia, concettuale prima che pittorica, e dessero vita a un orizzonte prigioniero dei propri gorghi: un orizzonte di vita dove la fusione dei tempi non racconta di una instabile continuità tra la storia e il futuro, magari pacificata nello slancio ideale di qualche moda, ma al contrario mostra gli scarti, il conflitto, lo scontro di materia irriducibile a qualsiasi altra materia. Continua

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dal DVD in pensiero 7 / l’assolo

The Red Tower / estratto

Claudio Rocchetti

Secondo assolo proposto da in pensiero, The red Tower, è un lungo brano di musica elettronica composto da Claudio Rocchetti – da qualche anno uno dei musicisti elettronici più attivi e vivaci nel panorama europeo, grazie soprattutto al suo lavoro di ricerca sul suono (come elemento non solo emotivo e compositivo, ma anche materico, estratto da strumenti elettronici e analogici), sulle sue potenzialità tecniche, espressive in studio e dal vivo. The red Tower colpisce immediatamente la fantasia dell’ascoltatore per la capacità evocativa delle sue sonorità, Continua

Ascolta un estratto da The Red Tower. L’intero brano di 45′03” all’interno del dvd di in pensiero 7

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da in pensiero 7

Il gioco dei fumetti

Claudio Calia

CaliaA

Nuovo tassello di un libro in divenire, le tavole a fumetti di Claudio Calia continuano la narrazione de Il gioco dei fumetti, di cui in pensiero aveva già pubblicato il primo capitolo. La storia si dipana da uno spunto autobiografico, che è allo stesso tempo tematizzato e usato a pretesto di congegno narrativo, dove pescando casualmente una carta, attraverso i disegni, prendono forma i vari episodi. In queste tavole, il congegno del gioco cede spazio all’episodio di vita personale, una rincorsa verso l’ospedale che è anche un viaggio verso la figlia che sta nascendo. Continua

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da in pensiero 6

Per una poesia ben temperata

Lello Voce

Occorre innanzitutto precisare quella che è una mia convinzione profonda e cioè che la poesia sia un’arte implicitamente politica, indipendentemente dai temi che essa decide di trattare, ma precisamente per la sua forma, e, ancor più precisamente per le forme della sua ricezione. Il rapporto tra artista e fruitore caratterizza in modo radicale le arti e le loro forme e ciò vale, a maggior ragione, per un’arte che, come ha giustamente sottolineato Frasca, è, prima ancor che un’arte, un medium, il primo medium che l’uomo conosca per la trasmissione dell’informazione ‘non genetica’. La poesia nasce prima dei poeti. La poesia nasce insieme alla comunità. Continua a leggere

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il blog

Reclamo a youtube per violazione etica…

ALTRO CHE COPYRIGHT

in pensiero sta subendo un abuso che andrebbe definito grave, anche se dell’abuso molti, ormai assuefatti, neppure si accorgerebbero: in nome del copyright è costretta da YouTube a esporre coattamente una pubblicità sul video del proprio booktrailer. Continua a leggere

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dal DVD in pensiero 6 / l’assolo

Est est est. Un viaggio in musica

Stefano Bembi / Alessandro Simonetto

L’album musicale realizzato da Stefano Bembi (alla Fisarmonica) e Alessandro Simonetto (al violino) – e prodotto da Casa della Musica di Trieste e in pensiero – è un avventuroso viaggio in musica nelle terre dell’Est Europa. A Trieste, la città di passaggi e di confini da cui inizia il viaggio, è intitolato il primo brano, un medley sulla storia e le influenze multietniche che la caratterizzano. Continua

Ascolta alcuni brani da Est est est. Un viaggio in musica, l’album all’interno del dvd di in pensiero 6

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Souika Hora (tradizionale rumena)

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da in pensiero 6

Il racconto sotto la pietra

Andrés Burgos / Jacinta Escudos / Ulises Juárez Polanco

Ulises Juárez Polanco, Nicaragua | Uno dei più importanti poeti del Nicaragua e chissà dell’Ispanoamerica, Ernesto Cardenal, ha scritto recentemente un saggio in cui affronta il tema della solidarietà come elemento fondante del nostro DNA. Parla delle monocellule e di come una monocellula ne ha cercata un’altra per congiungersi e moltiplicarsi esponenzialmente: nella nostra costituzione monocellulare c’è già implicito il bisogno di cercare l’altro. Raccontare significa trasmettere conoscenze, esperienze, visioni, non importa che siano biografiche o meno, raccontare implica sempre questa trasmissione. Raccontiamo perché siamo esseri sociali, Continua a leggere

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da in pensiero 6

I volti della riforma agraria

Francesco Pierri Clara Mauricio

zimbabwe

Il fotoreportage di Francesco Pierri e Clara Mauricio non nasce da un’esclusiva intenzione estetica, ma da una intima e appassionata adesione antropologica, intellettuale e politica ai fenomeni di riforma agraria che si stanno sviluppando in alcuni paesi del mondo (qui Brasile, Cuba, Sud Africa, Zimbabwe). I due autori sono infatti, oltre che fotografi, studiosi e dirigenti del governo brasiliano, e da lì ideatori e promotori di politiche di riforma agraria. Questa inconsueta coincidenza segna la novità e l’originalità intellettuale di questo lavoro, dove le persone fotografate, invece di essere preda di un obiettivo che nel migliore dei casi ne mostra il lato patetico o le fagocita in nome di una risoluzione estetica, appaiono in tutta la completezza antropologica e umana di persone. Continua

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il blog

Un mondo senza racconto…

Gianmaria Nerli

Tra le tante crisi di legittimazione che stiamo ereditando dal XX secolo, e da quelli che lo hanno immediatamente preceduto, spicca assolutamente l’estrema fragilità del raccontare che connota le varie culture oggi radunate nella nebulosa della civiltà occidentale. Una fragilità che coinvolge il racconto del presente, con la diffusa inadeguatezza a comprendere categorizzare o anche solo leggere le realtà in movimento, e che diviene inconsistenza se si tratta di immaginare il futuro, immediato o lontano che sia.

Nessuno sembra davvero saper o voler raccontare: tanto le proiezioni o le profezie del futuro che i discorsi sul presente si piegano immancabilmente sotto il peso della propria imprecisione, prevedibilità, limitatezza d’orizzonti e d’esperienza. E anche chi prova a raccontare, prima ancora di raccontare, è costretto a dedicare i suoi sforzi a convocare il suo pubblico, a creare una sua comunità privata di target-fruitori, tanto da esaurire in questo sforzo le sue energie di immaginazione e in definitiva le sue ambizioni di racconto. Così che anche la relazione fondativa di ogni racconto, qualcuno che dice e qualcuno che ascolta, ci appare di fatto svuotata. Le cose in generale, i fatti e gli oggetti che ci circondano, sembrano non aver bisogno di essere detti, né di essere ascoltati; semplicemente sono, o stanno; in una sorta di super-ontologia che si innesta sul forte tronco dello sport intellettuale oggi inevitabilmente di moda, la pratica indistinta e impudica della tautologia. Continua a leggere

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in pillole

“Il seguito è una agitata e rumorosa galoppata di posizioni: Edwin che prende Karen da dietro, mentre lei lo succhia a Joseph; questo che lecca la passera di Karen mentre lei fa un pompino a Edwin; Joseph che riceve Karen sopra di sé, mentre Edwin, spingendo, sudando, si sforza per riuscire a sdraiarsi sopra di lei con l’obiettivo di completare una manovra ad altissimo rischio: il capo, Andrea, la regista temeraria, ha appena chiesto una doppia e simultanea penetrazione dalla vulva.”, Sinar Alvarado, Il debutto di un’attrice porno, in pensiero 6

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“Quando entriamo mi rendo conto che manca solo il fossato e il ponte levatoio, i mobili e i manufatti sembrano gingilli da corte rumena. Hanno tutti l’aria da Vlad e qualche cosa, il Sadistique è una fortezza in stato d’assedio dove si guerreggia in tacchi a spillo e catene. Mikael nelle mutande in pelle nera pare comunque un manichino proveniente dal museo del Théâtre de la Mode. “, Mary Barbara Tolusso, Commedia, in pensiero 6

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“nei momenti in cui l’anima rozza/ la mente ignorante dei compagni/ sono più facili alla suggestione/ con la forza cavillosa di assurdi/ ragionamenti con l’esaltazione/ della stessa opera delittuosa/ con discussioni contrarie alla guerra/ discorsi e frasi e grida sediziose/ il prevenuto ha qui perpetrato/ l’atto velenoso di istigazione/ raffigurato nell’articolo tre/ come reato di subornazione/ ha poi messo in atto i suoi propositi/ opponendosi a ordini formali/ rispondendo io da qui non mi muovo/ denigrando l’opera dei comandi/ disprezzando l’autorità militare/ su di lui ricada quindi la legge/ nella sua massima severità/ nei suoi confronti sia emessa sentenza/ di condanna alla pena di morte/ per la sua pervicace volontà/ criminosa d’indurre alla rivolta”, Giuseppe Nava, Esecuzioni, in pensiero 6

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“Quando ho pensato al nome, Recetas Urbanas, pensavo alle ricette di cucina, e solo dopo ho capito che le ricette erano anche uno strumento, originale, che andava a coprire un vuoto, a volte un vuoto legale, per risolvere alcuni mali e tumori della città”, Santiago Cirugeda, Recetas Urbanas, in pensiero 5

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“Sono lingue ufficiali dello Stato il castigliano e tutte le lingue delle nazioni e popoli indigeni originari contadini, che sono: ayamara, araona, baure, bésiro, canichana, cavineño, cayubaba, chàcobo, chimàn, ese ejja, guaranì, guarasu’we, guarayu, itonama, leco, machajuyai-kallawaya, machineri, maropa, mojeño-trinitario, mojeño-ignaciano, moré, mosetén, movima, pacawara, puquina, quechua, sirionò, tacana, tapiete, toromona, uru-chipaya, weenhayek, yaminawa, yuki, yuracarè e zamuco”, Nuova costituzione boliviana, in pensiero 5

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“Non esiste viandanza senza sosta, per cui siediti, riposa. Se vuoi sdraiarti fallo, sul letto o al suolo, per strada, nel parco in cui stai portando a spasso tua figlia, nel parcheggio dietro al supermercato, in garage. Sai come fanno i monaci girovaghi del Monte Athos? Dormono dove capita, appena cala il sole, perché la montagna è il loro vero monastero, e la ricerca di un tetto sicuro toglierebbe tempo alla preghiera (in cinese l’espressione “andare in pellegrinaggio” significa “rendere omaggio alla montagna)”, Luigi Nacci, Walkingame in pensiero 5

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