Il pianeta tossico

Giancarlo Sturloni

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Addio

Siamo di passaggio.
Per quanto possiamo maltrattare il pianeta che ci ospita, ridurlo a una cloaca tossica, bombardarlo con radiazioni nucleari, trasformare il suolo in deserto e il mare in una laguna di plastica, saturare l’atmosfera di gas serra, lacerare lo strato di ozono, abbattere l’ultima foresta e sciogliere i ghiacci delle calotte polari, non appena ci toglieremo dai piedi la Terra si riprenderà.

Anche se ci volesse un milione di anni, sarebbe pur sempre un rutto sulla scala del tempo biologico. «Se parliamo di ere geologiche non abbiamo alcun potere sul pianeta», diceva il paleontologo Stephen Jay Gould.
Perché a conti fatti, siamo dannosi, non onnipotenti. Stiamo alterando il clima, ma non sappiamo controllarlo. Rischiamo di avere sulla coscienza un’estinzione di massa, ma neanche volendo potremmo estirpare la vita sul pianeta. Proteggiamo animali grandi e grossi come le tigri e gli elefanti, ma le zanzare si fanno beffe dei nostri zampironi. E con buona pace dei nostri micidiali diserbanti, l’ailanto, l’eucalipto e le rampicanti cresceranno sugli scheletri delle nostre metropoli.
Siamo di passaggio e il mondo andrà avanti anche senza di noi. Se non dovessimo farcela, poche creature sentiranno la nostra mancanza. I pidocchi, forse. O la rigogliosa flora batterica che colonizza le nostre cavità corporee. Ma la maggior parte delle specie tirerà un sospiro di sollievo.
Tolto il disturbo, la natura reclamerà quel che gli appartiene. Assai più in fretta di quanto non immaginiamo.
Dai chiodi del tetto, dal seminterrato o da una finestra rotta, l’acqua troverà il modo di infiltrarsi nelle nostre case di materiali a basso costo. Alla prima gelata le tubature scoppieranno. Le piante e gli insetti cominceranno a colonizzare l’interno. In meno di un secolo le muffe e l’umidità avranno indebolito l’intera struttura, fino a inclinare le pareti. A quel punto il tetto collasserà. Se avete un giardino, quel giorno sarà già una selva, la cantina un terrario, la piscina una rigogliosa piantagione [Alan Weisman, Il mondo senza di noi, Einaudi, Torino 2008].
Lasciate perdere i mutui a lungo termine.
Cinquecento anni dopo non resterà nient’altro che cocci di vetro e un cumulo di piastrelle. Il quartiere sarà ormai ricoperto di vegetazione e tra le foglie morte del sottobosco spunterà solo qualche pentola in acciaio inossidabile o una padella in ghisa.

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